Qui Alessandria, qui Como: oggi il Museo del Ghisallo con il Museo Alessandria Città delle Biciclette ricorda Gino Bartali e lo fa con due corrispondenti gemellati dal ricordo di Ginettaccio. Massimo Moscardi, inviato speciale (e virtuale) ci regala un contributo dal Corriere di Como, mentre Beppe Giuliano Monighini batte la sua Lettera 32 da Alessandria, la nostra patria storica del ciclismo. Così nasce un doppio ricordo per Ginettaccio che resta un grande esempio per tutti noi!
QUIAlessandria | Ginettaccio vent’anni dopo [Lettera 32] dal Corriere Al a firma di @BeppeGiulianoMonighini
Gino Bartali se ne è andato nel 2000, un venerdì di maggio, il mese della Madonna (non poteva essere altrimenti per un cattolico così devoto). Il giorno 5, quello che ricordiamo per la poesia di Manzoni su un altro illustre morto la stessa data. Ginettaccio, come lo chiamavano, è sopravvissuto quarant’anni al suo gemello di mito: Coppi-e-Bartali detto sempre (sempre!) così. Fausto per primo con la sua maglia azzurra, in vantaggio, anche e pure troppo all’ultimo traguardo, c’è arrivato infatti ben quarant’anni prima, era appena cominciato il gennaio del 1960. Si sarà sentito solo, per così tanto tempo senza il rivale cui voleva, ricambiato, un gran bene.
Gino dietro a faticare, brontolando, spinto da un cuore talmente grande che a colpi di pedali durante la guerra salvò centinaia di ebrei, ma questo lo sapremo solo dopo la sua morte, non ci teneva a vantarsi, era la sua educazione
«Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca»
Di Ginettaccio, vivo, ci bastava sapere delle corse vinte, del Tour del 1948 con l’Italia a un passo dall’esplodere, e il fatto che fu lui a salvarla è un bel romanzo.
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#QUIComo | Gino Bartali e il Ghisallo, una storia di devozione. Il ricordo nel 20° anniversario dalla scomparsa del campione toscano. Dal Corriere di Como a firma di @MassimoMoscardi
Un personaggio che era molto legato al Ghisallo e al suo Santuario. Un mito dello sport scomparso il 5 maggio del 2000: martedì sarà il ventesimo anniversario. Gino Bartali è stato un grande del ciclismo, ma non soltanto. Lo si ricorda, infatti, anche come Giusto fra le Nazioni per aver fatto parte di una organizzazione che nel corso della Seconda guerra mondiale in Toscana salvò ebrei locali e rifugiati. Bartali nascose documenti importanti nella sua bicicletta. Una scelta che lo accomuna a un grande comasco, Giorgio Perlasca, pure nominato Giusto che fingendosi diplomatico spagnolo a Budapest, salvò in questo modo oltre 5mila persone.
Gino Bartali, come detto, è stato molto legato al Ghisallo, che fu prima teatro di sue imprese come ciclista. Il campione di Ponte a Ema conta nel suo ricco palmares, tre successi al Giro di Lombardia, nel 1936, 1939 e 1940, che si concludeva a Milano. Nel 1936 proprio sulla salita che porta al Colle scattò ripetutamente e fece la selezione per poi battere in volata Diego Marabelli e Luigi Barral. Nel 1940, invece, il suo scatto decisivo fu proprio sull’ascesa del Ghisallo: Bartali giunse all’arrivo con 4’7’’ di vantaggio sul secondo, Osvaldo Bailo. Una supremazia netta in una corsa in cui era al via quello che poi sarebbe stato il suo grande rivale, Fausto Coppi, che terminò soltanto in sedicesima posizione.
Il Santuario viene evocato in un’altra vicenda che riguarda il campione: nel 1948, alla vigilia del Tour de France che avrebbe poi vinto (salvando l’Italia da una nuova guerra civile nei giorni dell’attentato a Palmiro Togliatti, segretario del Pci), Bartali non aveva buone sensazioni, ma durante un allenamento salì proprio al Ghisallo e dopo qualche momento di preghiera ne uscì rinfrancato, pronto a compiere una nuova grande impresa. La bicicletta che utilizzò in quella occasione (con il numero 31) è ora conservata al Museo del Ciclismo a Magreglio, al pari di quella del 1938 (con il 13), anno della sua prima vittoria al Tour.
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